Jürgen Habermas, El futuro de la naturaleza humana : ¿hacia una eugenesia liberal?

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Jürgen Habermas, El futuro de la naturaleza humana : ¿hacia una eugenesia liberal? Barcelona : Ediciones Paidós Ibérica, S.A. , 05/2002, 146 p. ; 21×14 cm È universale solo ciò che è formale? L’ultimo Habermas parla di una natura umana fondamentale e non consensuale Habermas, ripropone l’astensione postmetafisica dalle domande … Jürgen Habermas, El futuro de la naturaleza humana : ¿hacia una eugenesia liberal?
Barcelona : Ediciones Paidós Ibérica, S.A. , 05/2002, 146 p. ; 21×14 cm

È universale solo ciò che è formale?

L’ultimo Habermas parla di una natura umana fondamentale e non consensuale Habermas, ripropone l’astensione postmetafisica dalle domande filosofiche di fondo: chi è l’uomo? qual è la vita buona? Ma, rispondendo ai quesiti posti dalla genetica, arriva a scavalcare surrettiziamente questo dogma astensionista perché definisce la natura umana come data e dipendente e parla dell’intangibilità della casualità dell’origine.
All’inizio del libro riespone la sua distinzione tra etica e morale: l’ambito dell’etica riguarda le questioni di sostanza che hanno risposte solo individuali o particolaristiche; invece la sfera della morale è universale e formale. L’etica si occupa della vita buona e del bene, la morale della coesistenza sociale e della giustizia.
Secondo questo impianto speculativo sembra impossibile individuare le strutture ontologiche dell ‘uomo, le sue inclinazioni in base alle quali stabilire ciò che è propriamente umano.I rischi della genetica liberale, affidata soltanto alle regole di mercato, ripropongono anche per Habermas la necessità di ribadire una natura umana fondamentale e non solo storica e culturale. Diventa urgente guadagnare un orizzonte universale sulle questioni di sostanza e non solo sulle procedure.
La mossa teorica di Habermas è interessante perch é approda, seppur con un approccio etico e non ontologico, ad una nozione di una natura umana dipendente dalla casualità e non dalla volontà umana.
Se il futuro della natura umana viene lasciato nelle mani di alcuni designers, salta la coesistenza sociale, basata sulla simmetria delle relazioni: «La persona adulta continuerebbe a dipendere ciecamente dalla irreversibile decisione di un’altra persona.Essa non avrebbe nessuna possibilità di ristabilire, per la via retroattiva della riflessione etica, quella simmetria della responsabilità che è indispensabile nelle relazioni tra .peers.» (p. 17). Gli uomini futuri non potrebbero più sentirsi liberi e uguali rispetto a noi, ma neppure tra di loro, perché le manipolazioni genetiche non sono revisionabili.

Habermas non propone un’ontologia della persona umana, non dice che l’essere umano è un dono da accogliere, che è strutturalmente fragile e bisognoso delle cure della famiglia umana, non parla di dignit à personale dell’embrione, sostiene semplicemente che se cerchiamo di manipolarlo salta la simmetria relazione che regge la coesistenza. La sua è un’etica del genere e non della persona, ma può aiutare comunque a difendere l’inizio della vita del- l’essere umano (da lui definita pre-personale).Viene in mente che in Italia, prima della legge sull ‘interruzione volontaria di gravidanza (194/1978), il Codice penale presentava l’aborto procurato come un delitto contro l’integrità e la sanità della stirpe. Si riteneva che il soggetto passivo del reato non fosse un soggetto individuale (il nascituro), ma un soggetto collettivo (la stirpe). La vita del nascituro era protetta indirettamente, in virtù della tutela che l’ordinamento giuridico riconosceva alla stirpe. La legge vigente parla di dignità del nascituro, però non stabilisce il suo diritto di essere messo al mondo.
Il terreno guadagnato da Habermas risulta ancora povero, ma aiuta a ricordarci che siamo strutturalmente dipendenti e non totalmente autonomi, anzi ,come ha chiarito Kant nella sua Fondazione alla metafisica dei costumi . l’autonomia ha bisogno di contenuti, di rammentare che siamo fini e non mezzi e che abbiamo pari dignità. Come Kant, anche Habermas non fonda teoreticamente la sua etica, ma cerca ugualmente di arrivare a posizioni universali e sostanziali.

Postulando una natura umana data, ammette un orizzonte universale, non considera la storicità delle varie forme di vita e di linguaggio come un dato inaggirabile, ma come un fatto da problematizzare, un compito per la filosofia. In questo modo la ragione non si ferma alla verità pragmatica e consensuale, ma cerca il significato ultimo, la verità ontologica, da cui il pensiero post-metafisico vorrebbe astenersi.

Palma Sgreccia

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